Qualche traccia lasciò come di brina, tracce di neve il perfido gennaio onde, se guardi, pensi ad un mugnaio distratto ch’ha perduto la farina …
Sono un’acquirente compulsiva di farine. E credo di non averne mai fatto mistero.
Pur avendo ormai i miei mugnai preferiti ed intoccabili, che tradisco sempre malvolentieri, non riesco a non aggirarmi curiosa tra le corsie del supermercato o a non portare dalle vacanze un souvenir candido e impalpabile, magari macinato da grani che siano nati proprio nel luogo in cui mi trovo, e che ne racchiudano il profumo e la storia.
Proprio come la farina di grano Solina. Solina, in Abruzzo, è praticamente sinonimo di grano tenero. Anzi. Del grano buono, del solo che valga la pena coltivare se si vuole essere certi di arrivare al mulino, a sentire un vecchio proverbio.
È stato grazie alla sua costanza produttiva infatti che ha saputo conquistare la scena in una regione in cui le coltivazioni non sempre sono semplicii: il Solina cresce bene proprio sui terreni rocciosi e freddi alle pendici del Gran Sasso, resiste anche sotto la neve, non produce grandi quantità di cereale, ma dà certezza di un quantitativo costante ed è stato per secoli la salvezza di intere popolazioni. È in queste prime settimane autunnali che avviene la semina, per lasciare che il seme maturi sotto terra per poi dare tutto i suoi frutti da mietere a metà dell’estate. Si adatta bene anche alla coltivazione biologica, competendo bene con le erbe infestanti.
La farina che ho trovato io ( è a marchio Ecor-Alimenti ritrovati– 1.50 euro nei Natura si) è macinata a pietra, di tipo uno. Non è una farina particolarmente tenace, e per panificare con il lievito madre ho preferito addizionarla con un po’ di farina più forte. Per la pasta fatta in casa invece è ottima così com’è. Io ci ho preparato dei maltagliati da cuocere nella pasta e fagioli, ma in programma ci sono anche le classiche scrippelle, in onore del territorio di provenienza .
Assaggiandola non avrete dubbi sul motivo per cui si sia meritato da anni il marchio di presidio Slow Food: il suo sapore sa di antico, di buono, di pane proprio come una volta. Mentre cuoce nel forno rilascia un aroma che si impregna nelle fibre della casa, e vi fa volare con i ricordi alle vecchie stufe a legna, ai forni pieni di leccornie e dolcezze, alle mani delle nonne, piene di rughe e di forza.
Meno blasonato di altri marchi che negli anni sono stati spinti fino ad ascendere, a volte senza meriti, nell’olimpo dei panificatori, questo cereale vale decisamente un assaggio…e anche qualcosa di più:D